Premettendo che la scelta dei dieci “finalisti è stata ardua (se non arduissima), ecco a voi il “pagellone” dell’ultimo Europeo di basket:
Pau Gasol 10- dispensa lezioni di post basso per 15 giorni, è letale da piazzato e all’occorrenza fa 6/7 da oltre l’arco. Semplicemente “Rey” d’Europa.
Dirk Nowitzki 9,5- annuncia il ritiro dalla nazionale a termine di un Europeo infelice. L’ultima sbavatura conta il giusto e, così, tutti noi amanti della “spicchia”, dal salotto di casa, ci uniamo idealmente all’applauso del pubblico di Berlino: doveroso riconoscimento honoris causa per “WünderDirk”.
Islanda 9- zero vittorie, ma grazie ad un indescrivibile caparbietà si guadagnano ugualmente la staning ovation dei numerosi supporters al seguito. Vincitori morali del torneo. A mani basse.
Mindaugas Kuzminskas 8- prestante fisicamente e completo tecnicamente: i presupposti per il tanto atteso sviluppo puerile ci sono tutti. Da anni Kazlauskas punta forte su di lui, ora sappiamo tutti perché.
Italia 7,5- gli inni cantati a squarciagola dal divano, lo scetticismo per l’inizio a fari spenti, l’impresa contro la Spagna, le aritmie cardiache nel supplementare contro i tedeschi, l’euforia dopo la randellata a Israele e la delusione cocente per la caduta fisiologica, ma comunque eroica, contro la Lituania. Due settimane esaltanti ed emozionanti che rappresentano un gradito toccasana per tutto il movimento cestistico nostrano. Grazie ragazzi.
Jan Vesely 7,5- traghetta la sua Repubblica Ceca a una storica qualificazione all’Olimpiade, facendo emergere il suo talento in una squadra quadrata, sorprendente e, a volte, anche divertente. In NBA ci fu spazio anche per te: non scordarlo, Jan.
Serbia 7- domina il girone e procede a tappe spedite sino ai quarti dove, però, trova il casello sbarrato. Per larghi tratti della competizione, la corazzata di Djordjevic sembrava in grado di portare la coppa sul pullman di ritorno per Belgrado, ma il basket è un sentiero pieno di insidie.
Mickael Gelabale 6,5- nonostante l’espressione perennemente sconnessa, sembra ancora in grado di regalare fiammate degne dei fasti d’un tempo. La necessità di cambiare aria pressoché ogni stagione ci conferma che la talentuosa irrequietezza non è ancora stata placata, ma ciò non gli impedisce di essere parte integrante di tutti i roster “bleus” dell’ultima decade.
Ali Muhammad 6- mai avrei pensato di imbattermi nuovamente sulle piste di Bobby Dixon, perso di vista nel lontano 2010 ai tempi di una fugace avventura brindisina. Ma, soprattutto, mai lo avrei immaginato con la maglia della Turchia sotto il nome di “Ali Muhammad”. Forse era solo una visione o, più semplicemente, in quest’ultimo lustro sono successe molte cose.
Grecia 5- forse la vera delusione del torneo. Nonostante l’organico fosse all’altezza di aspettative migliori, gli ellenici strappano comunque il pass per Rio dove potranno giocarsi le fiches rimanenti. Male, ma non malissimo.