Il basket è uno sport di squadra, ma la differenza la fanno i singoli. Meglio non poteva dimostrarlo Pau Gasol che, con una sontuosa prova nella finale degli Europei contro la Lituania (25 punti e 12 rimbalzi), porta a Madrid coppa e un meritatissimo titolo MVP, per la verità già seriamente ipotecato in semifinale grazie ai 40 punti segnati ai padroni di casa francesi.
Non è stata la Spagna più forte (comunque pesanti le assenze di Juan Carlos Navarro, Ricky Rubio, Josè Calderòn, Serge Ibaka e Marc Gasol: un quintetto NBA, in pratica) e, probabilmente, nemmeno quella più bella. Tuttavia, i cavalli di razza si vedono alla distanza e questo roster, oltre al sopracitato purosangue Pau, presentava qualche indubbio stallone come Sergio Lull, il “Chacho” Rodriguez e Rudy Fernandez.
Applausi per la Lituania che sonnecchia fino agli ottavi dove batte al pelo la Georgia, la “sfanga” ai quarti contro gli Azzurri chiedendo l’aiuto dei supplementari, fa l’impresa in semifinale ai danni della ben più quotata Serbia di “Sale” Djordjevic e si ritrova catapultata all’atto conclusivo col secondo pass disponibile per le prossime Olimpiadi di Rio in mano. In casa baltica, i punti di forza sono come sempre il gioco corale e la pulizia dei fondamentali. La rassegna continentale consacra definitivamente Jonas Maciulis, ci mostra il talento di Mindaugas Kuzminskas e conferma la caratura oltreoceanica di Jonas Valanciunas.
La tanto pronosticata finale tra Francia e Serbia si gioca, ma solo per il gradino più basso del podio: magra consolazione per Parker e compagni che, davanti al pubblico amico, non arrivano più in là di un bronzo dal sapore molto amaro. Dopo una fase a gironi in modalità “rullo compressore”, i transalpini scavalcano le resistenza turche agli ottavi senza nemmeno togliere le infradito, vacillano nelle battute iniziali dei quarti contro la Lettonia salvo poi assestare un knock-out tanto sornione quanto doloroso e vedono successivamente infrangersi i sogni di gloria contro un muro chiamato “Gasol”. Nonostante il talento non manchi, è doveroso ricordare che la truppa di Vincent Collet si presentava ai nastri di partenza con numerose defezioni in cabina di regia, su tutte quella di Thomas Heurtel.
Niente medaglia invece per la compagine balcanica che inciampa a due curve dal traguardo, dopo aver dato l’impressione di essere il corridore più attrezzato durante tutta la corsa.
Tutti, ma proprio tutti, sono costretti a piegarsi di fronte all’avanzata di Teodosic e compagni. Anche dopo aver scollinato la fase a gironi senza sbavature, il piano di battaglia continua a dare i suoi frutti contro i finlandesi prima e i cechi poi. Tuttavia, dalle parti di Vilnius sono di ben altro avviso e, così, quella vecchia volpe di coach Kazlauskas riesce a tendere una trappola fatale al ben più giovane collega Djordjevic. Brilla, nonostante tutto, la stella di Nemanja Bjelica, che dimostra di valere il contratto NBA appena firmato con Minnesota. Buone cose anche da Bogdan Bogdanovic, già possibile “go-to-guy” a livello europeo nonostante la giovane età, Stefan Markovic, che non avrà un talento eccelso ma è pur sempre un giocatore utilissimo alla causa e da Nemanja Nedovic, talento ancora un po’ acerbo ma (a mio avviso) tutto da scoprire.
Vincono un giro in Brasile insieme alla coppia di deluse anche la Grecia e l’Italia. In verità, pure gli ellenici vanno via da Lille col muso lungo: il roster allestito era indubbiamente all’altezza del metallo più pregiato, ma anche in questo caso le Furie Rosse non hanno fatto prigionieri.
I nostri ragazzi, invece, nonostante un inizio handicap, hanno sputo regalarci un europeo pieno di pathos, finali al cardiopalma (vedi tempo supplementare contro la Germania) e, soprattutto, soddisfazioni. La truppa di Pianigiani ha buttato le basi per un futuro un più roseo, speriamo che il lavoro non vada sciupato.
Si imbarca un secondo prima della chiusura del gate anche la sorprendente Repubblica Ceca che vince lo spareggio conclusivo contro la Lettonia. Ottimo torneo da parte di Tomas Satoransky che si carica la squadra sulle spalle nei momenti di difficoltà e la trascina in quelli di esaltazione. Egregio anche il contributo della stella indiscussa Jan Vesely che, quando se lo ricorda, è uno dei giocatori più dominanti del Vecchio Continente.