“Lo capisco se mi prendi per le mele
Ma ci passo sopra, gioco e non mi arrendo
Ogni giorno riapro i vetri e alzo le vele, se posso prendo
Quando perdo non sto lì a mandar giù fiele e non mi svendo
E poi perdere ogni tanto ci ha il suo miele
E se dicono che vinco, stan mentendo
Perché quelle poche volte che busso a bastoni
Mi rispondono con spade o con denari
La ragione diamo e il vincere ai coglioni, oppure ai bari
Resteremo sempre a un punto dai campioni (tredici è pari)
Ma si perda perché siam tre volte buoni
E si vinca solo in sogni straordinari” (*)
(*) tratto da “Canzone di Notte N. 3”
Ascoltando questa canzone, con l’accenno ironico nel primo verso (“lo capisco se mi prendi per le mele”), mi è tornata in mente la storia della Mela Rosa Romana.
In effetti l’ironia di questi versi non sembra rendere onore ad una storia come quella della Mela Rosa. Però, nel finale di questa strofa, c’è quell’accenno ai “sogni straordinari” che si sposa alla perfezione con questo progetto. L’idea di recuperare e valorizzare questo antico frutto è proprio un “sogno straordinario”. Una pazza idea venuta ad un gruppo di persone che, nell’intervista ad Antonio Contini Carboni, ho paragonato ai “Quattro amici al bar” di Gino Paoli. Forse questi amici dell’appennino bolognese non puntavano a “cambiare il mondo” come i ragazzi della canzone, ma sicuramente hanno dato vita ad un progetto che potrebbe cambiare l’economia agricola di questi territori.
…cammina cammina…dalle mele rosa romane alla chiesa di Alvar Aalto
“…dentro alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,
essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà
e un Dio che è morto…” (*)
(*) tratto da Dio è morto
Ho visto la luce! Quasi come John Belushi, anche se io non sono “in missione per conto di Dio”,
La prima sensazione che ho provato, entrando nella chiesa di Riola, è proprio quella di un’onda di luce che ti avvolge garbatamente (e non ho usato il termine “onda” a caso).
Quella di Riola, unica opera in Italia del grande architetto Alvar Aalto, è tante cose, tutte insieme. Questa chiesa è un concreto esempio di ecumenismo (l’alto prelato cattolico che affida il lavoro ad un architetto luterano), ma è anche un simbolo della rivoluzione liturgica appena scaturita dal Concilio Vaticano II. Fortemente voluta dal Giacomo Lercaro, il “cardinale delle periferie”, è stata costruita dopo un’odissea durata un decennio… .
La Natura è al centro della visione di Aalto e della sua architettura. Quella che irradia la chiesa è una Luce che avvolge ma senza abbagliare. E’ un’onda di Luce che entra da quelle enormi vetrate e avvolge tutta la navata. L’onda è anche quella richiamata dalla forma della copertura. E lo stesso concetto ritorna anche nel nome dell’architetto: Aalto significa Onda. Un mare di Luce avvolge questa strana chiesa di montagna.
Quando vedi, per la prima volta, questa chiesa e pensi al suo progettista un’immagine ti entra nella testa: pensi subito ad una “cattedrale nel deserto”. E probabilmente è per questo che fu tanto osteggiata anche dalla Chiesa.
Poi quando conosci tutta la sua storia capisci che questa meravigliosa chiesa poteva sorgere solo qui, su queste montagne. Qui dentro si condensano tante cose: gli ideali di riforma del Vaticano II, l’incontro con Aalto e la sua idea di architettura che si rifà alla Natura, l’affetto dei parrocchiani per questo progetto, l’impegno del Cardinale per le periferie…
E poi, ultima ma non ultima, la famosa omelia del 1 gennaio 1968, quella nella quale Lercaro, invocava la fine dei bombardamenti sul Vietnam del Nord. Quell’omelia della Pace che costò, al coraggioso Cardinale, la rimozione per intervento di Roma. Già, perchè la Luce che qui a Riola illumina garbatamente qualche volta può accecare gli uomini e indurli all’errore.
Di questi argomenti ho parlato con Lucia Bartoloni parrocchiana e catechista di Riola che, durante la prima visita di Alvar Aalto, era una bimba e, insieme a tutti gli abitanti di questo paesino di montagna, lo accolse calorosamente.
Di tutto questo abbiamo parlato nel podcast della tappa odierna a Riola.