A distanza di qualche mese dall’uscita dell’app Immuni, che avrebbe dovuto aiutare gli italiani a contenere i contagi migliorando drasticamente le possibilità di tracciamento dei contatti a rischio, possiamo candidamente ammettere che l’intero progetto sia stato un fallimento totale.
Basandoci sui dati ufficiali infatti, possiamo facilmente verificare come, alla data in cui scriviamo, l’app sia stata scaricata da 10.294.958 di persone, fermandosi quindi a poco più del 19% della popolazione totale che avrebbe potuto scaricarla.
Tutti ricordiamo il dibattito che si è generato dentro e fuori i social network relativamente alle più ampie motivazioni che spingevano chi uno, chi l’altro, a non installare la funesta app. Fra chi non la riteneva funzionale per svariate limitazioni tecnologiche (ricorderete senz’altro coloro che teorizzavano di poter essere messi in quarantena semplicemente per aver affiancato l’automobile di un positivo al casello autostradale), chi metteva al primo posto questioni di privacy e chi semplicemente si è convinto che fosse inutile, l’app Immuni si è fermata là: 10.294.958 installazioni. Diciannove percento.
Non staremo qui a decretare chi avesse ragione, non ne vogliamo avere l’onere, ma una riflessione vorremmo spingervi a farla.
La privacy, lo ammetterete, è stata la principale bandiera sotto cui la maggior parte dei “riottosi” si è rifugiata per combattere la famigerata app di Stato. Chi masticava un po’ di informatica, ci ha provato a dimostrare che non vi era ragione di temere, ma con scarsi risultati. Eh vabbé. Gli italiani sono evidentemente gente diffidente, a cui potete togliere tutto, ma non la loro privacy.
Qualche mese dopo, parliamo di dicembre, il dibattito si è spostato dalla praticamentequasisubitocadutanell’oblio app Immuni, al più piacevole e sicuro “Cashback di Stato”. Non c’è bisogno di dilungarci in spiegazioni, vogliamo però ricordare che per monitorare l’andamento del cashback (e dei sonanti denari destinati a tornare nelle nostre tasche) c’è bisogno di scaricare una nuova app, che esisteva da tempo, ma che ha avuto immediato slancio solo grazie -appunto- al cashback di Stato. Parliamo di “IO – l’app dei servizi pubblici” e parliamo di 9.869.572 di download in appena qualche mese. Qualcuno può sostenere che l’app possa servire anche ad altro, e che non è detto che siano tutti usufruitori del cashback (cosa che anche fosse, non avrebbe nulla di male): ha perfettamente ragione. Fra questi nove milioni e passa infatti, ad oggi “solamente” 7.433.270 hanno aderito al cashback, come potete verificare voi stessi sul sito ufficiale dell’applicazione.
Evidentemente anche la privacy ha un prezzo, se non fosse che, in fin dei conti, la privacy non sia mai stata messa in discussione né tantomeno in pericolo dall’app Immuni. E nelle settimane tutti (o quasi) hanno avuto modo di convincersene. E se ci fosse ancora qualche irriducibile, ci pensa niente meno che Apple, con il suo nuovo strumento “Privacy dell’App” a fornire la prova schiacciante: Immuni NON raccoglie alcun dato da questa app. Nessuno.
Ma alla fine diciamocelo chiaramente: non è mai stata questione di privacy. Forse all’inizio il dubbio ci era balenato, questo si, ma poi dinanzi a delle prove schiaccianti era impossibile continuare ad illudersi: l’app era (ed è) a prova di bomba, inattaccabile; ma il nostro senso civico no. Quello è stato decisamente più debole, ed è venuto a mancare. Così come l’efficacia di uno strumento che altrove ha permesso di tornare alla normalità in tempi tutto sommato accettabili.
Per finire, vi salutiamo con un’eloquente immagine che descrive i dati raccolti da un’app, quella si installata da miliardi di persone: Facebook. Ma anche questo lo sapevate. E viva l’Italia.