Erlend Øye, il palco è pronto per te.

Per riprendermi dal concerto di Erlend Øye mi ci sono voluti un paio di giorni.
C’è voluto un po’ di tempo perché tutte le note si posassero sul fondo del cuore, leggere e colorate come coriandoli.
Adesso sono pronta a scrivervi di quel che è successo al Covo Club di Bologna lo scorso venerdì.

Erlend Øye, classe 1975, già noto al pubblico per il successo King of Convenience, dei Whitest Boy Alive e per la collaborazione con i Röyksopp è un cantautore poliedrico capace di tingere con la sua forte personalità stili apparentemente agli opposti. Norvegese di nascita, mediterraneo d’adozione, Øye in Italia non ha solamente spostato la residenza. Ha messo radici, assaporando la nostra cultura musicale per poi restituirne una sua versione illuminata.

Il concerto del Covo ne è la prova.

Come ormai sapete, sono un’abituale frequentatrice di questo locale che da oltre trent’anni porta a Bologna il meglio della musica indipendente, mantenendo negli anni un ottimo fiuto per i trend del futuro. Al covo ho ballato fino a consumarmi le suole, ho spinto, ho rovesciato birre , ma raramente ho incontrato la magia che Erlend è stato capace di portare sul palco.

Per un locale rock, in una serata sold out, è quantomeno singolare incrociare un parterre perfettamente silenzioso.
Così è stato per il concerto di Erlend che, come un pifferaio magico, ha saputo guidare le reazioni del pubblico, incantandolo e coinvolgendolo a piacimento su una set list veramente eterogenea. Sono stati proposti live brani del secondo album di Øye solista, Legao (2014), un paio dai successi dei The Whitest Boy Alive, e poi spazio alla musica latina e una bellissima cover di Non Arrossire.

Con Gaber ho davvero vacillato e mi sono chiesta come possa un norvegese a fare intimamente sue canzoni da un altro mondo e un altro tempo. La risposta non ce l’ho, ma il risultato è semplicemente toccante.

Il live si svolge per momenti. Momenti di festa, tutti diversi.

Prima Erlend è con tre musicisti siciliani, suonano tutti strumenti acustici a corde. Non ci sono percussioni, ma l’intensità della musica non dipende da questo. Poi Erlend rimane solo con il suo ukulele, ha una voce perfetta, avvolgente e carezzevole.
E’ bellissimo ascoltarlo, sentire il canto e le presentazioni in italiano e anche in inglese. E’ divertente  Vederlo ballare, sorridere e scherzare sempre perfettamente a proprio agio. A chi chiede un bacio risponde ritraendosi: “I’m not a complete puttana, you know!” e lascia intravedere un po’ della sua anima nordica.

Poi di nuovo i ragazzi (Stefano Ortisi, Marco Castelli e Luigi Orofino semplicemente bravissimi) rimangono soli sul palco portando una musica carioca eseguita perfettamente. Il pubblico balla insieme a Øye che supporta i suoi dalla platea e chiama a gran voce Luigi, che a Bologna ha vissuto gli anni dell’università. Ma oltre all’affetto gli riconosce il talento vero, caratteristica che accomuna tutti e tre i polistrumentisti. E ancora un finale di concerto nel quale spuntano i fiati.

E’ stata una festa atipica, in cui il king of the party è riuscito a instaurare un’empatia singolare con il pubblico e con i suoi musicisti.
Tanti momenti di scambio e confronto con la band e con il pubblico, per un’artista capace di trasferire una passione che non conosce confini geografici, che sa divertire, trascinare ed emozionare. A esibirsi è una banda che realizza una miscellanea di suoni compatta e mutevole, che sa variare ritmo e intensità con la complicità di chi si conosce da sempre.

La chiusura è affidata a La prima estate, come è giusto che sia. E nel dolce amaro del passaggio esistenziale verso l’età adulta “si chiudono le porte e poi, il palco è pronto per te”.

Il tour prosegue in Europa, dopo le tappe Italiane tutte esaurite, toccando Germania, Portogallo e Spagna. Buon viaggio Erlend.

 

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Autore
Saki

Sono nata con l’aria di neve e tutto il sistema solare contro.
Diffido da chi abusa dell’aggettivo carino e non parlo con chi lo declina in superlativo.
Ammiro chi si sveglia presto.
Ignoro chi la musica la ascolta tutta e si definisce un po’ pazzo.
Amo gli alberi spogli di gennaio, le foglie secche di ottobre e le giornate interminabili di giugno.
Non so farmi i selfie.
Predico bene e razzolo di merda.
Gatteney e Rock’n’roll.

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