Non ho la pretesa (e manco la competenza) di fare un’analisi politica, storica e umana perché per farlo occorrerebbero una mole di studi sull’epoca vissuta da Castro e sulle molteplici vicissitudini di una rivoluzione, che inevitabilmente porta con sé contraddizioni, fallimenti e successi.
Però ieri mattina alla notizia della scomparsa del lider maximo non ho potuto fare a meno di pensare ad un’assemblea di alcuni anni (forse 10?) fa in cui mi trovai – mio malgrado – a moderare un dibattito con Fulvio Grimaldi, ex giornalista di RAI TRE, che presentava un suo lavoro su Cuba ed il latino-america.
Ricordo una domanda dal pubblico: un dirigente politico locale chiese a Grimaldi cosa potevamo fare noi europei per dare una mano a Cuba in relazione alla situazione democratica del paese e le libertà civili…
Grimaldi in maniera caustica rispose molto semplicemente ” possiamo fare una cosa sola: imparare!”
All’epoca mi sembrò francamente esagerata come affermazione, insomma al netto di ogni ragionamento sulle conquiste sociali della rivoluzione mi sembrava che le libertà democratiche fossero una conquista necessaria per il popolo cubano.
Non so se avesse ragione Grimaldi ma sicuramente oggi come allora credo che sia giusto ricordarsi di considerare i fatti tenendo conto della loro specificità, perché l’errore grosso che si fa quando si parla di Cuba è di fare ragionamenti partendo dalla nostra visione di italiani ed europei. E magari scordandoci della situazione contingente di Cuba e del continente latino-americano.
Per questo alcuni giudizi su Castro di oggi mi sembrano quanto meno banali se non propriamente fuorvianti e privi di senso.
Cuba attraverso la rivoluzione evitò di diventare un protettorato USA su cui alcuni “gentiluomini” avevano già pensato di mettere le mani.
Tutto quello che accade dopo è una diretta conseguenza di quella scelta di affermare un irrinunciabile diritto all’autodeterminazione. A costo dell’embargo statunitense (ancora attivo) e della guerra che il più grande stato avanzato al mondo ha mosso contro la piccola isola caraibica. Tutto questo giustifica una dittatura? Non lo so ma sicuramente giustifica la ribellione e l’impegno per costruire uno stato diverso, fondato sulla giustizia sociale e l’equità.
Non posso fare poi a meno di chiedermi una cosa.
Possiamo definirci così evoluti, liberi e belli dall’alto delle nostre malconce democrazie da poter disquisire di una Cuba che – malgrado tutto – garantisce istruzione, sanità e lavoro a tutti? Io non ne sono così sicuro.
Il baluardo delle liberà occidentali (USA) ha appena incoronato un ricco e potente boss finanziario, pur tra proteste e accuse varie.. Nella Russia liberata dal comunismo Putin domina la scena politica da 15 anni.
Ed anche da noi in Europa… abbiamo le nostre gatte da pelare.
A questo punto volgo nuovamente il pensiero a quella domanda durante quel dibattito e trovo che forse ci sarebbe da riflettere su quella famosa risposta.