Il Liutista – Jozef Van Wissem@Robot Festival

Only lovers left alive” (“Solo gli amanti sopravvivono”) dovrebbe essere di per sé un dogma umano, una romantica verità. Ed è il titolo di un film del geniale Jim Jarmusch, regista dal ciuffo bianco autore anche di Dead man e Coffee and cigarettes.
Il film ricordo mi piacque parecchio, storia di questi vampiri moderni, attualizzati, sempre misteriosi, facilmente riconducibili a certe categorie sociali, magari quelle più ai bordi delle strade. Un film zeppo di significato, un film d’amore.

Beh buona parte delle atmosfere del film rimane impressa proprio per la colonna sonora firmata da Jozef Van Wissem, con l’apporto di Squrl e di altri artisti. Collaborazione collaudata quella tra Jozef e Jim, dato che insieme hanno all’attivo anche due album di genere sperimentale, per viaggi onirici garantiti.

Fatto sta che nell’arrivare al Robot Festival (Bologna 07-10 ottobre) tra barbe incolte ma curate e jeans con il risvolto, trionfo dell’hipsteria generale, le premesse erano allettanti, il clima si addiceva. Re Enzo, in piazza Maggiore, è un palazzo del 1200 che incornicia a dovere un evento come il festival elettronico-visivo.
Tanto meglio profittare del concerto di Jozef, è in prima serata.

L’olandesone sul palco comincia a suonare che stavo ancora aspettando il cocktail, di cui censuro il prezzo. Ma ben presto riesco a raggiungere il fronte del palco, abbastanza facilmente, sarà per il fatto della prima serata.

Jozef è solo con il suo liuto, e la sua pedaliera. Un liutista. Musicista raro da avvicinare. Al Robot magari.

Mentre sale l’impeto del suo pizzicare le corde, dietro di lui scorrono le immagini del film. La platea sembra preparata a ripercorrerne le sensazioni attraverso i fotogrammi muti e la musica ipnotizzante. Tutti in piedi, al contrario delle esibizioni dei dj, ma non c’è ressa, la gente scorre.

Jozef prosegue con il suo avanzare di effetti e di sguardi. E’ un personaggio particolare, sia per il suo immenso studio sul liuto rinascimentale, sia per il suo aspetto tetro e vissuto.

Nonostante cercassi di innalzare il mio trasporto emotivo sorseggiando il cocktail con più avidità, notavo un fastidio di fondo, un brusio, crescente. E vedevo Jozef dimenarsi, continuando comunque a rapire la mia attenzione e fomentare la mia sete.

I non giovanissimi del pubblico, oltre ad essere la prova della trasversalità di Jozef, iniziarono a inveire contro chi parlava, in effetti la presenza del bar nella stessa stanza, e forse sempre la prima serata, intralciavano quella musica di stampo classico.

A parte questo appunto logistico, l’arte di Van Wissem rapiva sempre più il pubblico, in parte sicuro, in parte spiazzato dall’avanguardia. Ma il suo minimalismo sonoro ci stava trasportando di nuovo tra le vie di Detroit e le strade di Tangeri, accompagnati e rassicurati dal suo sguardo profondo. La musica produceva sensazioni le più contrastanti tra loro, tuttavia legate da una ricercata e meticolosa struttura della frase.

Jozef ha tenuto tutti con gli occhi sbarrati verso il palco, attratti dal furore di un artista dotato di una sensibilità superiore, e dalle immagini del film che irroravano l’aria di fascino e mistero, verso i due protagonisti che, da eterni amanti, vivranno per sempre.

 

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Autore
Leonardo

Trenta da poco.
Cresce nel verdissimo paesino marchigiano, poi il trapianto a Bologna, tra studi e lavoro. Diventa la città su misura, dove convivono arte e musica, sballo e balotta, e la possibilità di finire sulla strada di RFA.

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