“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (Articolo 3 della Costituzione della Repubblica italiana).
21 su 556. Questo il numero delle donne presenti all’Assemblea Costituente, ovvero l’assemblea che scrisse la nostra Costituzione. Per questo solitamente si parla di “Padri costituenti”, quando si parla dei membri dell’Assemblea. Ma in realtà c’erano anche loro, le 21 madri costituenti. E fecero la loro parte, nonostante il numero esiguo.
La storia delle 21 donne dell’assemblea costituente è una storia che merita di essere conosciuta. Erano donne figlie del loro tempo, molte venivano dalla Resistenza ma avevano e rappresentavano pensieri diversi: c’erano democristiane, socialiste, comuniste e qualunquiste (ovvero del Partito dell’Uomo Qualunque). Eppure, nonostante le differenze, forse proprio il fatto di essere una esigua pattuglia le fece collaborare per scrivere pezzi importanti della nostra carta fondamentale.
La parità di genere, il diritto di famiglia, il lavoro e la scuola sono solo alcuni dei temi di cui si occuparono le madri costituenti, impegnandosi nelle numerose commissioni dell’Assemblea.
Ma chi erano le 21 donne? Cosa fecero prima di partecipare all’assemblea? E cosa fecero dopo? Alcune erano impegnate in politica da tempo, avevano fatto la Resistenza ed anche dopo l’impegno nella Costituente ricoprirono incarichi di primo piano.
Basti pensare ad Angelina Merlin, socialista, classe 1887 professione insegnante. Fece la Resistenza e quando venne eletta in Parlamento portò avanti le istanze di emancipazione femminile in cui ha sempre creduto. Anche dopo la Costituente continuò il suo impegno, la legge che porta il suo nome è infatti la legge contro lo sfruttamento legalizzato della prostituzione che fu emanata nel 1958, dopo ben dieci anni di iter legislativo che la Merlin seguì passo passo.
Giusto ricordare tra le altre anche Angela Maria Guidi Cingolani, democristiana classe 1896. Di famiglia borghese e con solide tradizioni cattoliche fu esponente di spicco della DC. Nella costituente si occupò a lungo delle questioni sulla parità e sul lavoro. Sarà la prima donna al governo in Italia, nominata sottosegretario nel 1951.
Non tutte ebbero la stessa fortuna se si pensa a Ottavia Penna Buscemi, classe 1907 e unica rappresentante del partito dell’uomo qualunque. Di famiglia nobile, Ottavia non fece mai veramente gruppo con le altre 20 donne della Costituente. A seguito dalla Costituente entrò in rotta col capo e fondatore del Partito del Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, per cui uscirà dal partito. Aderirà poi al partito monarchico.
Infine la più giovane delle costituenti, Teresa Mattei, deputata comunista classe 1921. A lei si deve l’invenzione della mimosa come simbolo delle donne. Prima di diventare segretaria dell’ufficio di presidenza della Costituente, fu partigiana e proprio da questa esperienza maturò un carattere fiero e determinato. Nel suo intervento in aula a sostegno del famoso Art. 3 si riassume il suo impegno per le donne:
“E’ nostro convincimento che nessun sviluppo democratico, nessun progresso sostanziale si produce nella vita di un popolo se esso non sia accompagnato da una piene emancipazione femminile”