di Paolo Bottazzi
È opinione comune che il contrappasso del benessere della società occidentale dei consumi e dell’immagine vada ricercato nelle condizioni disumane di lavoro e nello sfruttamento della parte povera del mondo. Questa analisi, per quanto vera, è limitata perché non considera l’altissima dose di frustrazione e disagio che il sistema produce nei protagonisti e principali fruitori delle comodità del capitalismo: i giovani del mondo globalizzato. La diffusione di fenomeni come gli Incel e gli Hikikomori dovrebbe scatenare un dibattito sulle tensioni sempre più insopportabili che la nostra società crea.
INCEL O REDPILL
Gli “Incel” (Involuntary Celibate), sono una comunità online di uomini “involontariamente celibi”, cioè rifiutati dalle donne e perciò convinti di essere geneticamente inferiori, dei “maschi Beta”; profondamente misogini, incolpano le donne della loro esclusione e del loro malessere. La triste fama di questo gruppo è dovuta alla strage di Toronto del 23 aprile e quella di Santa Barbara del 24 maggio 2014; entrambi i killer infatti si rifacevano alla cosiddetta “ideologia Incel”. Pur senza i risvolti sanguinari di oltreoceano, il fenomeno è ormai in diffusione anche in Italia, come testimonia questo ottimo servizio di Nemo. Ascoltare le testimonianze degli Incel italiani è atterrante. L’impressione è trovarsi davanti a persone che si sentono irrimediabilmente emarginate dalla società (l’alienazione al mondo femminile non si limita infatti alla sfera sessuale, la donna diventa un essere biologicamente maligno da cui stare lontano) per via, sostanzialmente, del loro aspetto fisico. Come reagire al mondo che si sono costruiti? Solidarietà per un disagio psicologico così profondo? Disgusto per una visione del mondo misogina e che nella sua più estrema messa in pratica si trasforma veri e propri atti di terrorismo? Difficile a dirsi. Sicuramente si pongono degli interrogativi importanti su quale impatto la società dell’immagine ha su una fetta silenziosa ma consistente di individui, psicologicamente fragili o che semplicemente sentono di non essere all’altezza, di non soddisfare determinati standard estetici (questo è quanto emerge chiaramente dal servizio di Nemo) e che sulla base di questa insoddisfazione si ritrovano ad odiare sé stessi e gli altri.
HIKIKOMORI
Il fenomeno degli Hikikomori, i giovani si rinchiudono in camera da letto senza avere contatti con il mondo esterno per mesi o anni, parte dal Giappone (lo stesso termine “hikikomori” è giapponese e significa “stare in disparte”) e si diffonde in tutto il mondo occidentale, approdando in Italia con circa 100.000 casi, secondo l’associazione Hikikomori Italia. Come si può leggere dettagliatamente sul sito dell’associazione, l’isolamento sociale ha svariate cause e nessuna di esse può ragionevolmente essere ascritta a principale; tuttavia risulta evidente che assumono particolare importanza l’ambiente scolastico e le relazioni dei ragazzi coi coetanei. Leggendo le dichiarazioni degli Hikikomori rispetto alle relazioni coi compagni e coi professori si percepisce la sensazione di distacco emotivo e sociale che i ragazzi e le ragazze provano nei confronti del mondo. Non è difficile trovare delle somiglianze con il meccanismo praticato dagli Incel di insoddisfazione e conseguente autoesclusione sociale; pur trattandosi di due fenomeni chiaramente distinti, ricorrono indubbiamente dei tratti comuni, come la difficoltà di integrarsi e di riconoscersi negli standard sociali di una fetta sempre più consistente di giovani.
CHE FARE?
In primo luogo, non bisogna commettere l’errore di marginalizzare fenomeni di questo tipo; si tratta di persone affette da un profondo disagio sociale ed eventualmente psicologico, dunque l’approccio che la collettività dovrebbe avere in merito è orientato alla cura, non colpevolizzante o discriminante. E’ poi necessario sottolineare che il fenomeno “Redpill” è nettamente più preoccupante degli Hikikomori data la sua carica potenzialmente violenta, anche se tutti gli uomini intervistati da Nemo hanno affermato di non condividere le azioni di Alek Minassian, il ventiquattrenne canadese autore della strage di Toronto. L’unico vero modo di contrastare un tale disagio sociale diffuso è una graduale riforma della società tutta, in particolare della scuola e della famiglia, dimodoché si allentino le pressioni sociali, scolastiche e familiari che spingono sempre più giovani a rifugiarsi in soluzioni disperate; l’ossessione della prestanza fisica o del successo scolastico, per esempio, possono essere causa di malessere profondo. La fumosità di tale obiettivo tuttavia è evidente: per agire nel concreto bisognerebbe innanzitutto ampliare la disponibilità a ricevere supporto psicologico integrando nel SSN un servizio psicologico di base, in modo da venire incontro più facilmente alle necessità di chi si trova in difficoltà e prevenendo così i fenomeni sopracitati.
Questo articolo è tratto dal blog ‘The Subway Wall’: https://thesubwaywall.net/2018/06/04/il-disagio-silenzioso-dei-giovani-italiani/
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