L’attualità di Basaglia e due pugni allo stomaco

Il 13 Maggio abbiamo realizzato l’ultimo live della stagione. Un live a cui tenevamo molto e che forse, proprio per il tema scelto, non ha incontrato il favore del pubblico, o meglio, non il pubblico che era lecito aspettarsi. E questo ci ha suscitato più di una riflessione, aldilà della semplice (ma naturale) incazzatura sulla riuscita dell’iniziativa.

Non è stato facile lavorare a questo live e ringraziamo tutti gli intervenuti proprio per l’opportunità che ci hanno dato di riflettere su di un tema spinoso, scomodo e controverso, come quello della pazzia.

L’idea da cui siamo partiti era appunto quella di parlare di matti. E dell’uso in chiave repressiva di questo termine: pazzo, malato, demente. Nella nostra ricerca siamo partiti dalla suggestione offerta dal recente reading dei Wu Ming Contingent “La terapia del fulmine” e ci siamo avvalsi di due testi interessanti, come “Capaci di intendere e di volere” (Marco Rossi) ed “Elettroshock” del Collettivo A. Artaud.

Entrambi i libri danno un quadro anche  storico della questione, perché effettivamente già a inizio del Novecento il potere aveva intuito che la psichiatria poteva essere utilizzata per reprimere le “voci fuori dal coro”. Ben prima dell’avvento del fascismo Cesare Lombroso (psichiatra e primo criminologo italiano) affermava che “i martiri sono venerati, dei matti si ride: ed un uomo ridicolo non è mai pericoloso” (C. Lombroso, Gli anarchici. Psicopatologia d’un ideale politico).

L’impegno di Lombroso (e altri) si tradusse quindi nell’istituzione dei manicomi che furono spesso utilizzati per repressione politica, soprattutto con l’avvento del fascismo.

La legge sui manicomi del 1904 sarà abolita solo nel 1978 grazie all’impegno (tra gli altri) di Franco Basaglia. E proprio a Basaglia ed alla legge che porta il suo nome (uscita proprio il 13 Maggio) abbiamo voluto dedicare la nostra puntata.

Abbiamo voluto però andare oltre alla solita retorica celebrativa da anniversario. Non perché sia inutile celebrare Basaglia ed il suo impegno (tutt’altro!) ma perché il rischio è sempre quello che la retorica offuschi i contenuti e la storia che stanno alla base dell’impegno di Basaglia. Ovvero l’impegno per chiudere i manicomi e la messa in discussione della stessa idea di cura, contro i dogmi delle istituzioni totali e totalizzanti.

Basaglia che il carcere lo aveva sperimentato durante il fascismo, paragonò i manicomi ai campi di concentramento definendoli “un carcere in cui l’internato non conosce né il perché né la durata della condanna”.  Da qui forse occorre ripartire se si vuol capire il perché del suo impegno e la portata del suo pensiero che riuscì ad aprire una riflessione nell’intera società italiana, oltre ai confini degli accademici ed addetti a lavori.

Tra i matti “curati” in manicomio preme ricordare (tra i tanti) Giuseppe Massarenti (sindaco a Molinella per due mandati) che non riuscirà mai a liberarsi dall’onta della pazzia, l’irlandese Violet Gibson (attentò alla vita di Mussolini) e Augusto Masetti, reo di aver ferito un colonnello per ribellarsi all’ordine di partenza verso la Libia.

Ed ora? La situazione dopo il 13 Maggio 1978 è sicuramente meno infame di un tempo ma non certo rose e fiori. Esistono gli ospedali psichiatrici giudiziari e tutta una serie di strutture che possono (e alcune lo fanno) fare ricorso all’elettroshock.

Ma che società è quella che ancora permette ancora oggi misure come l’elettroshock? E quante sono le vittime degli abusi di alcune “cure”?

Entrambi i libri sopracitati sono dei veri pugni allo stomaco e al termine di entrambi si spera che alcune cose non siano più la realtà, ma forse così non è. E lo stesso Basaglia dopo l’approvazione della legge smorzò i facili entusiasmi invitando a “stare in guardia”.

Un ultimo doveroso ringraziamento ad Alessio Lega, accompagnato da Rocco Marchi, per i brani musicali che  hanno impreziosito il nostro live. I brani sono tratti dall’album “E ti chiamaron matta” (a breve in ristampa!) che parla appunto di manicomi, raccontati in presa diretta da chi ci era finito davvero, nei manicomi, ovvero Gianni Nebbiosi.

Vi invitiamo dunque ad ascoltare la puntata in onda questa settimana e vi rimandiamo ad i libri citati per un opportuno approfondimento.

 

 

Per tutti sono Meso, all’anagrafe Manuel Mesoraca e se preferite anche solo Manuel. Faccio parte della redazione ma prima ancora sono tesserato ANPI, sezione di Marzabotto. Quindi mi occupo di Resistenza, più precisamente di luoghi e storie legati ad essa. Qualcuno diceva che la storia è maestra di vita ma purtroppo fatica ad avere scolari, noi nel nostro piccolo, speriamo di contribuire a mantenere viva la memoria. Non come sterile esercizio di date, nomi e morti ma come qualcosa che ci serva, anche per interpretare meglio questi anni difficili.

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