Oggi alle 16 e la prossima settimana in replica ci occupiamo del sindaco della Liberazione, quello più amato, ovvero Giuseppe Dozza.
Può sembrare retorico parlare di “sindaco più amato” ma in effetti ci si rende conto dell’amore che lega Dozza a Bologna già solamente ascoltando le interviste fatte in strada. A Pianoro come a Bologna – dove esistono vie a lui intitolate – parecchi si ricordavano di Dozza. E in quel ricordo c’è il riconoscimento di una figura che ha legato indissolubilmente il suo destino con quello della sua città.
Non si può governare una città per oltre due decadi senza lasciare un segno. E soprattutto in questo attaccamento viscerale c’è tutto il personaggio Dozza, che in quanto fondatore del PCd’I e membro della Costituente avrebbe potuto (sicuramente) aspirare a ruoli politici di primo piano ma non l’ha mai fatto. E non si pensi ad una scelta di ripiego.
Dozza è rimasto sindaco di Bologna perché credeva nella politica come strumento di emancipazione delle classi sociali svantaggiate. Il suo impegno, prima come antifascista, esule, partigiano ed infine amministratore comunista è stato quello di ridare la parola ai cittadini, dopo il ventennio fascista. Quindi sarebbe stato difficile vederlo in altri panni se non quelli di sindaco, amministratore della cosa pubblica a stretto contatto con i suoi cittadini.
Danilo Caracciolo, autore del documentario “Il sindaco. Storia di un’utopia realizzata” ci ha ribadito l’importanza di quel patto stretto da Dozza con la sua città, un rapporto interrotto solo dalla scomparsa del sindaco, avvenuta nel 1974. Nel documentario troviamo un grande Ivano Marescotti a cui abbiamo chiesto come è stato riscoprire alcune pagine della storia di Bologna.
Non sono mancati i momenti di confronto con la politica attuale, non ce ne vogliano gli attuali politici, ma sembra veramente passata un’eternità e ci sarebbe quindi da chiedersi cosa sia restato di quelle idee ed ideologie di cui Dozza si è fatto portavoce. Aldilà delle ovvie differenze con una stagione politica profondamente differente, la riscoperta di Dozza porta con sé un messaggio che rimane attuale nella sua semplicità “da ognuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni”. Una frase che riecheggia nel documentario e che unisce due culture politiche così lontane ma anche così vicine.