Oggi a mezzanotte e domani dalle ore 9.00 (a seguire in rotazione) se vi connetterete al nostro sito ascolterete quelli che al primo ascolto possono sembrare suoni sconnessi, note sghembe, distorte. E forse lo sono.
Appartengono alla storia musicale perché eseguite da un genio, Jimi Hendrix. Ma non ci interessa qui disquisire di musica. Perché quelle note sono il primo vagito di un’emittente radiofonica bolognese, Radio Alice. Era il 1976, quaranta anni fa.
Con quelle note Radio Alice si presentò al mondo e dopo 13 mesi fu chiusa, con un gesto di assoluta brutalità, da parte delle autorità cittadine. E’ incredibile pensare come solo con quei 13 mesi di vita Radio Alice abbia lasciato un segno indelebile della sua esistenza capace ancora di incuriosire a 40 anni di distanza.
In questi giorni dal blog dei Wuming Valerio Minella – che di Radio Alice fu uno dei fondatori – ci chiede provocatoriamente: “Voi che siete interessati ad Alice ancora oggi e non eravate coinvolti personalmente allora, cosa vedete, cosa vi interessa, perché volere parlare di Radio Alice?”
Perché no? Verrebbe da rispondere di getto. Radio Alice è stato uno splendido esempio di immaginazione al potere, ha dato voce ad un movimento che fino a quel momento non era riuscito ad avere uno strumento efficace per comunicare.
Ancora di più colpisce l’epilogo, non sarà forse un caso che le autorità decidano in fretta e furia di farla finita con quei “pirati” delle onde radio per il semplice motivo che non fossero omologati, conformi.
Ci sarebbe tanto da scrivere e da capire nella vicenda di Radio Alice. Forse sono più importanti i 39 anni senza (Radio Alice) perché in quell’assenza c’è il peso della mancanza. Non c’era spazio per una radio non conforme, che aboliva il palinsesto, che dava voce ai senza voce, che dissacrava e provocava, senza “padrini” politici. Il tempo (che si dice sia galantuomo) ci ha fatto capire per chi c’era spazio. Dalle prime radio libere si arriverà via via al mercato radiotelevisivo privato che oggi conosciamo. Non sta qui a noi dare giudizi ma sicuramente la carica esplosiva di quella proposta culturale e comunicativa non è più riaffiorata nel mare magnum della comunicazione “mainstream”.
E allora non ci resta che ripeterlo fino allo sfinimento: Zut!