Seconda Guerra Mondiale, 1944. Per fermare l’avanzata dei nemici angloamericani, che avevano già liberato tutto il sud e buona parte del centro Italia, il feldmaresciallo tedesco Albert Kiessling istituisce una linea difensiva che congiunge idealmente Massa Carrara sul Tirreno e Pesaro sull’Adriatico, tagliando nettamente in due l’Appennino Tosco-emiliano.
Kießling vorrebbe spostare la poi battezzata “Linea Gotica” sulle Alpi, poiché più facilmente difendibile, ma Hitler si oppone fermamente.
Dalla fine dell’agosto del ’44 gli angloamericani (al cui fianco combatteva il nuovo esercito italiana) tentano di superare la barriera difensiva tedesca (appoggiata da diversi reparti della repubblica Sociale Italiana di Mussolini). Dopo iniziali faticosissimi successi, soprattutto in Romagna dal novembre dello stesso anno, la linea difensiva si stabilizza definitivamente per l’inverno.
Il 9 ottobre 1944, a seguito di ripetuti scontri armati tra nazisti e partigiani avvenuti presso Rasiglio (località dell’Appennino bolognese al confine tra Sasso Marconi e Monte San Pietro), una serie di rastrellamenti tedeschi porta alla cattura di tredici militanti della Resistenza.
Il giorno seguente, i “ribelli” vengono legati a pali e cancellate sottostanti il cavalcavia di Casalecchio di Reno con cappi di filo spinato attorno al collo per essere poi uccisi barbaramente.
Ad occuparsi dell’esecuzione è il plotone comandato dal generale Manfred Schmidt che, dopo la strage, si consegna volontariamente alle truppe nemiche. Oltre ad una mappatura completa delle principali postazioni difensive nazifasciste, il disertore forse fornisce ai liberatori anche una lista di nomi di soldati macchiatisi di terribili crimini durante i combattimenti della Resistenza, probabilmente con l’obiettivo di crearsi una nuova identità.
Al termine del Conflitto Mondiale, i soldati americani apriranno inchieste per fare luce sulle esecuzioni tedesche, ma gli oltre 600 fascicoli raccolti saranno occultati dal governo italiano nel cosiddetto “Armadio della Vergogna” di Palazzo Cesi a Roma, scoperto solo nel 1994 dal giornalista Franco Giustolisi.
A sessantacinque anni di distanza, il Tribunale militare di Verona, incaricato del processo, deciderà di non procede nei confronti di Schmidt per “presunta morte del reo”. L’1 dicembre 2010, la sentenza sarà confermata e resa definitiva dalla Corte Militare d’Appello di Roma.UAnche in occasione di questo settantunesimo anniversario della “Strage del Cavalcavia”, la comunità casalecchiese si è stretta attorno al ricordo delle vittime. Ma mentre Angelo Gamberini, davanti al monumento eretto in onore del cugino Ubaldo Musolesi, uno dei tredici uccisi, si rivolge ai ragazzi presenti affermando che la Resistenza deve insegnarci “l’inutilità della guerra e la necessità di essere sempre pronti a combattere per la libertà”, da Ankara giunge la notizia di un attentato kamikaze durante una marcia pacifista.
Per non dimenticare, appunto.